Io al Giannini invidio una cosa: la VOCE.
Ha una delle più belle voci che abbia mai sentito in vita mia, seconda solo a quelle di Pino Locchi e Nando Gazzolo.
Il bello è che credo di aver visto pochi suoi film, o comunque molti meno di quanti ne elenchi IMdB.
Questa sua autobiografia è aggraziata, suadente, si legge in un fiato, e racconta molte cose, senza la frenesia dell'agiografia e con un pizzico di ironia che non guasta. Ogni tanto è ripetitiva, e lo stile sembra quasi ammiccante: ma tali sono le sorprese e il divertimento che neanche te ne accorgi.
E poi la difesa di quel modo di fare cinema non è noiosa né moralisticheggiante. Lui è un uomo che ama la tecnologia, ma non fine a se stessa. Per lui la scienza è scoperta, è andare dentro le cose. Ma sempre con l'umana passione.
E poi c'è un disincanto che non porta dentro stanze tetre e boriose. È un disincanto che accetta il futuro, sapendo già che voltarsi indietro fa solo male.
Sicuramente non è un testo fondamentale nella storia del cinema. Ma è un bel libro, gustoso e divertente, nostalgico e birichino, che chiudi con un sorriso prima di addormentarti.
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