Finalmente un buon libro sui "miei" King Crimson. E non tanto per quello che dice, ma per l'impostazione.
Nicola Leonzio, cioè, racconta la storia (e la geografia) musicale della grande invenzione di Robert Fripp, senza mai strafare. Riesce a separare accuratamente il proprio gusto personale dalla cronaca, dalla tecnica, dalla qualità delle esecuzioni, dal profilo dei protagonisti.... senza mai sconfinare nell'uno o nell'altro campo.
È un libro denso ma ben scritto (un solo refuso, finora), dove si capisce l'impegno dello scrittore nell'aver voluto dire tanto ma senza aggredire il lettore, senza affogarlo con la sua presunzione.
Paradossalmente, è quasi un libro didattico, senza avere però quel peso liturgico che i libri didattici portano con sé, perlomeno nel nostro immaginario.
Certo, personalmente non condivido gli eccessivi riferimenti beatlesiani, specie ricordando certe dichiarazione proprie di Fripp. In più, non riesco a capire come mai Arcana si ostini a non guarnire questo tipo di libri con un accurato indice analitico. Ma sono due macchie trascurabili.
Mi piace poi il fatto che Leonzio non si scateni a farsi notare interpretando testi e dichiarazioni a proprio comodo. Ancor più va apprezzato il suo aver ascoltato anche cd meno noti, o comunque relegabili sullo scaffale per collezionisti: chi conosce bene i KC sa che vanno ascoltati anche questi live perché indicativi di un percorso tecnicoartistico di rara importanza storica. Mirabile, infine, la scelta di raccontare accordi e tecniche esecutive con linguaggio tecnico ma comprensibile.
In coda troviamo anche tre intriganti appendici: estratti da un’intervista a Robert Fripp; il chitarrista jazz Claudio Fiorentini illustra e analizza il solo acustico di Cirkus, il solo elettrico di The Night Watch (rivelando un segreto che non vi dirò) e il riff di Frame by Frame (con tanto di partiture esplicative); un altro chitarrista jazz, Andrea Gomellini, racconta la sua esperienza con il Guitar Craft.
Un libro che piace agli appassionati, ma che consiglio soprattutto ai giovani 2.0, quelli che non si fermano di fronte all'"antico" o che magari vogliono entrare nel cuore o nella memoria dei papà (e degli zii).
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