04 maggio 2017

sweet funny Valentino Parlato

Ventiquattro anni fa, la mia primissima esperienza Rai: Prima Pagina, Radio3. Sveglia presto, una diretta di un'ora abbondante, giornalisti diversi ogni settimana, un banco di prova emotivo e professionale probante.
Ma io mi divertivo un mondo. Spesso facevo il regista, ogni giorno rubavo con gli occhi le professionalità che mi circondavano: tecnici, registi, speaker, funzionari, ma soprattutto loro, i giornalisti ospiti; una turnazione di uno a settimana... abbastanza per poterci parlare, addirittura raccogliere confidenze, segreti, intuizioni.
Certo, diciamolo chiaramente: il giornalista medio italiano non è proprio simpatico e disponibile; ma ero abbastanza giovane da passare sopra certe cafonaggini sesquipedali, per concentrarmi invece sulla professione. E poi di gente bella ogni tanto ne passava: Valentino Parlato fu uno di questi.

Fumatore accanito, uomo dotto e disponibile, elargiva sapienza e cortesia con impagabile umiltà. Ascoltava tutti e con tutti apriva la sua casa mentale. Nel giro di pochissimi minuti ti faceva sentire a casa, sempre pronto a seguire le tue parole
con la testa leggermente inclinata da una parte, sempre in compagnia delle sue sigarette, sicuro che il suo comunismo dal volto umano fosse veramente l'unica via per ottenere diritti e benessere per tutti.
Valentino Parlato sapeva stare alla radio, sapeva gestire i momenti difficili e sapeva come obbedire alle nostre richieste dalla regia. Ogni ascoltatore era prezioso e unico: a lui dedicava tutto se stesso, prendendo appunti mentali e instaurando un dialogo che seppur fugace era la prova che ogni confronto è possibile, se solo ci fosse umanità da ambedue le parti.
Dei tre miei anni a Prima Pagina l'ho incontrato ogni volta, e ogni volta sembrava ricordarsi di me, dandomi un'importanza assoluta, come la dava a chiunque, facendolo sentire unico e irripetibile. C'era una sorta di cristianità di fondo nei suoi modi, quella che noi atei vorremmo fosse la vera cristianità, che mai ho incontrato invece nei cattolici veri o presunti.
Poi l'ho perso di vista. Giusto una volta l'ho salutato al volo mentre percorrevo il "suo" Rione Monti.
Un bel giorno, 17 anni fa ho avuto la possibilità di lavorare brevemente con Matteo, suo figlio. Certo, ci frequentammo poco - a causa di una sua frattura che lo tenne lontano dai comuni uffici. Una volta gli dissi che gli volevo bene a Matteo, d'istinto; perché essere figlio di quel padre lo raccomandava automaticamente. Il verbo era inappropriato, ovviamente; e infatti Matteo mi guardò strano.
Però era così, ed è così: comunista mangiabambini o no che fosse, Valentino Parlato era un uomo giusto, buono, attento e civile.

C'è un aggettivo che generalmente le donne usano per gli uomini (raramente accade il contrario): "dolce". Ecco, Valentino Parlato era un uomo dolce, dolcissimo. E mi dispiace che sia morto. Tanto.

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