C'è un mondo sospeso tra il sellino e quel mezzo metro da terra; ed è un mondo in cui ti senti padrone del tuo tempo, l'unico e insostituibile padrone del tuo tempo.
Lasci che le gambe si muovano ritmicamente, controlli il manubrio senza pensarci, cambi le marce con misurato istinto... e poi ti guardi intorno: e la magia scorre che è un piacere.
Non credo nel ciclismo come forma di lotta contro le auto e non credo neanche nella purezza dei ciclisti, perché quelli che si sentono puri sono insopportabili come un vegano che non scopa da mesi. Credo nella magia del moto ciclistico, dove ti devi rassegnare a distanze esigue, a un paesaggio che cambia superlentamente, a un mondo che non esiste più quando scendi dal sellino.
Ho visto la magia della valle antistante Salisburgo, sgranocchiando con dolcezza i laghi e i campi che si profilavano a perdita d'occhio.
Ho sfiorato la Storia, quella vera, dentro ai confini tra Austria e Ungheria, passando per la Slovacchia, assalito da odori pieni di sterco e fieno, accompagnato dalla lingua asciutta dalla sete e da pietruzze di fiume che si infilavano ovunque. Navigando dentro il Danubio, mi sono chiesto quanto ci fosse di mare e quanto di fiume dentro quell'acqua che non aveva confini.
Ho seguito la Leggenda di Che Guevara dentro il Nord di Cuba meno turistico, accompagnato da condor e insetti grandi come uno smartphone. Ho percorso l'unica autostrada di quell'isola, sicuramente più efficiente e bentenuta della Salerno - Reggio Calabria.
Ho chiacchierato con i confini dell'Alsazia, sfiorando centrali nucleari, un Reno sonnacchioso, cantine e campi e formaggio e paté fritto e castelli e persone e boschi, tanti boschi, foreste e insetti sotto le ruote e una lignea chiesina del '700 incastonata tra querce e pini e gnomi.
Ho visto i Castelli, quelli della Loira, più di quanti ne possa visitare un turista-tipo. Fai 10/20 km, poi scendi, visiti, e poi risali, e poi pedali, e poi riscendi, e poi visiti... Una vacanza spezzagambe dove alla scorbutica scortesia dei parigini si frapponeva la dolce accoglienza dei provinciali.
Ho percorso 615 km tra Berlino e Copenaghen, frastornato da boschi e foreste e una giornata così ventosa che ancora oggi la ricordo come un seducente incubo. La Sirenetta è una presa per il culo, ma il tragitto è tra i più maravigliosi e intensi che abbia mai intrapreso.
Ho vissuto dentro la leggendaria Avenue Verte, che ti accompagna da Parigi fino a Londra: le Scogliere di Dover non le vedrai mai, perché attracchi a New Haven; ma tutto quello che vorresti immaginare ti si materializza addosso come fosse una leggenda appositamente scritta per te in quel preciso momento. Ed è un continuo flusso di sensazioni, di sapori, di paesaggi e di... pioggia. Ha piovuto poco - e solo l'ultimo giorno; ma chi se lo dimenticherà mai: temperatura estiva che diventa invernale e gocce gelide che si infilano sin dentro al culo. Ma che senso avrebbe arrivare a Londra senza pioggia?
Migliaia di chilometri. Migliaia.
Fatica tanta. Dolori ossei, tantissimi.
E forse non tornerò più a pedalare così tanto e così a lungo.
E però, in queste domeniche di caldo egoista e ossessivo, quando salgo sulla mia bicicletta casalinga per fare il giro dell'isolato, dentro questa Roma così egoista e zozza, mi ritrovo subito immerso in quel mondo, tra il sellino e quel mezzo metro da terra, in cui ti senti padrone del tuo tempo, l'unico e insostituibile padrone del tuo tempo.
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