04 novembre 2019

quanto è pericoloso JOKER (spoiler ovunque)



C'è qualcosa di insostenibile in questo film, ma non è certo il plot, farraginoso e atonale. E non è la superba interpretazione di Joaquin Phoenix. Credo sia più quell'impalpabile senso di spontanea censura contro questo modo di presentare la violenza; modo “inutile” che cresce nello stato d'animo dello spettatore senza trovare requie e soprattutto “giustificazioni”.
Insomma: qual è uno dei messaggi che potrebbe arrivare? Non importa se tu sia uno psicopatico violento e assassino: se impugni il disagio popolare per legittimare le tue azioni, allora la violenza diventa poesia.
Attenzione, non credo che il regista Todd Phillips abbia scientemente ipotizzato anche un simile sottotesto. Però l'equivoco è nell'aria: come artista e intellettuale avrebbe dovuto tenerne conto; mentre invece la sua regia è troppo aulica, suggestiva e artificiale.
Non pretendo una condanna della violenza tout court -  perché agli artisti non è dato l'obbligo di schierarsi per compiacere la critica; ma non posso neanche accettare questa visione così artistica e compassionevole.
Prevengo subito chi confuta questa mia asserzione confrontando Joker con Arancia Meccanica. Ebbene, Kubrick non espone il fianco all'elegia e soprattutto non lascia spazio all'equivoco. La violenza in Kubrick è orribile e spregevole; è figlia di persone invidiose e livorose; è psicotica, ma senza alcuna assimilazione con la denuncia sociale; la denuncia sociale di Kubrick c’è, ma si pone contro la prevaricazione, da qualunque parte arrivi.
Aggiungo anche un elemento basato sulla mera percezione: quello che vivi durante la visione di Arancia Meccanica, sta accadendo ed è reale; invece, quello che vedi in questo Joker potrebbe addirittura non essere del tutto reale (come hanno ipotizzato alcuni commenti che ho letto online). Anche qui, la regia non si spertica più di tanto nel lasciarci tracce esplicite che eventualmente consentano di distinguere reale e immaginazione. Solo in una circostanza comprendiamo esattamente che Arthur si è inventato qualcosa (quando crede di aver frequentato Sophie, la vicina di casa): ma visto che non abbiamo altre sottolineature simili, dovremmo pensare che il resto della trama sia reale. Se, invece, le "irrealtà" sono sparse e sta a noi comprenderle, la sceneggiatura e la fotografia non sono tecnicamente coerenti. 
Altro problema sono i tempi narrativi: anche se vi è piaciuto senza riserve, dovete ammettere che il film parte subito a mille, presentandoci la patologia di Arthur in tutta la sua desolante essenza; ma dopo non va né in salita né in discesa. Anzi, mentre la follia si esprime in gesti quasi prevedibili, la sceneggiatura prova ad accompagnarci verso la loro origine andando a ritroso nella vita di Joker, sbattendoci in faccia situazioni così confuse che per i primi trenta minuti fatichiamo a reggere la noia, adagiandoci solo sulla recitazione di Phoenix.
Attenzione, poi, a un altro elemento: Joker stesso ammette di essere distante dal disagio sociale di Gotham City, tanto che per buona parte del film lo vive come un sottofondo televisivo e nulla più. Sicuramente in lui non crescono né empatia né consapevolezza, né tantomeno assistiamo a un parallelo narrativo tra il disagio della gente e il suo disagio. Il disagio sociale entra nella sua realtà solo quando usa in maniera acritica la sua maschera, rendendolo celebre ma ancora ignoto.
Questa soluzione narrativa è pretestuosa e pericolosa, perché non tutti sono capaci di cogliere certe sfumature, regalando a questo film il facile compito di fare da apripista a forme di violenza romantiche perché “legittimate” dal disagio del momento. Per quanto la Storia ci insegni che esistono anche forme di violenza “giuste” (purché estemporanee e limitate nel tempo e nella forza), non possiamo giocare al distinguo perché stiamo di fronte solo a un film - e chissenefrega se la gente lo capisce come càpita.
Del resto, la rilettura dei topos noti anche al pubblico meno avvezzo ai supereroi, arriva a giocare persino sulle origini di Batman, rileggendo con una malevola punta di condanna etica la famosa scena della morte dei genitori: Wayne padre viene ucciso perché appartiene alla politica fanfarona e lontana dalle vere esigenze della gente.
Certo, l'intera narrazione potrebbe essere la storia di un Joker, visto che non contiene l'articolo determinativo "the", quindi non per forza il villain temuto da Batman. Però è un'ipotesi che ci riporta sempre allo stesso punto: la violenza scellerata non può essere raccontata con questa acritica elegia!
C’è anche un altro dettaglio che mi porta a pensare che il regista non abbia le idee chiare: i tre finali consecutivi.
1) carrello indietro sul multischermo in sala di regia che racconta l'omicidio appena accaduto in diretta
2) Joker si alza sulla macchina della Polizia, compiacendo la folla violenta
3) Joker ha presumibilmente ucciso la psichiatra e poi si dilegua in controluce
Fermandosi solo al primo, avremmo ottenuto un film dolente; con il secondo, un film pericoloso; con il terzo, un film visionario. E, invece, Phillips li cuce tutti e tre di seguito: buonanotte al senso dell'operazione.
A scavare nei dettagli, ho trovato perlomeno curiosa la scelta del brano musicale più importante: quel Rock And Roll part 2 di Gary Glitter che accompagna la "danza sulle scale". Notoriamente viene usato negli stadi statunitensi per intrattenere e coinvolgere il pubblico prima delle partite. È un brano scelto tra i papabili, oppure ammicca a una convenzione nazionalpopolare così collaudata?
A proposito di musica, Hildur Guðnadóttir sembra essersi fermata a Chernobyl, la serie-tv di cui ha scritto musiche legittimamente dolorose. Qui, però, ha costruito una partitura inopportuna: prendetemi per matto, ma sono convinto che buona parte delle scene avrebbe funzionato senza commento musicale. Purtroppo si tende sempre più a enfatizzare con l'eccesso sonoro quanto invece potrebbe funzionare anche senza musica. Valga come esempio Il Nastro Bianco di Michael Haneke, totalmente senza musica, la cui trama è forte da sola, con i suoi dolori e orrori nascosti e celati ma nel contempo presenti e disarmanti.
E per restare nella "danza sulle scale", mi sfugge perché il regista abbia usato almeno quattro punti macchina, favorendo un montaggio che toglie moltissimo alla sublime performance di Phoenix; non dico di usare un piano-sequenza, ma nemmeno di perdersi in inutili tagli che spezzano la veemente bellezza di quelle movenze così disperate.
Ho trovato la fotografia eccellente: in alcuni momenti sembrava di assistere ai quadri di Edward Hopper. E però l'uso del controluce alternato a quello di colori netti e "fumettistici" non è coerente con la scelta di seminare il sospetto che alcune sequenze siano oniriche mentre altre siano reali.
Finiamo in bellezza con Joaquin Phoenix. Poteva rimetterci tutto, accettando un personaggio estremo sin dal vestiario. E, invece, nonostante tutto, è riuscito a lavorare per sottrazione. Suggerisco di vedere/rivedere il suo stato d'animo dopo aver ri-sparato al terzo broker. Oppure la fisicità con cui accudisce la madre in ospedale; fisicità che riappare quando poi la uccide (se la uccide). Oppure quando cresce la sua rabbia contro Robert De Niro: ammiratela attentamente, visto che l'inquadratura di quinta ci fa vedere solo il lato sinistro di Joker.
Io spero che questo film vinca l'Oscar solo per l'interpretazione maschile; il film, no, troppo pericoloso e sbagliato.      

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