23 dicembre 2019

cosa resta di STAR WARS (spoiler a raffica)

Prima di vedere questo Nono Episodio il 20 dicembre scorso, ho fatto un esperimento: ho provato, cioè, a non sapere nulla della trama, evitando accuratamente di leggere tweet, post su Instagram, navigare nel web, parlarne in giro. 
Quasi due giorni di difficilissima gimkana tra trappole di ogni tipo.
Insomma, ho provato a riproporre quanto prima di internet fosse facile da ottenere: non subire spoiler.
Certo, la mia memoria mi restituisce almeno tre ricordi contrari. Il primo, ad opera di Lietta Tornabuoni, che in occasione dell'uscita de Il sesto senso (1999), esordì scrivendo "Bruce Willis è morto". Meno male che lessi quell'Espresso solo dopo aver visto il film.
Purtroppo, e però, non mi andò bene con altri due film, entrambi proposti dalla Rai bernabeiana. 
Del primo non ricordo il nome, ma quelli di Repubblica scrissero che l'assassino era doppiato da Alberto Sordi; del secondo, Them (1954), sempre i furboni di Repubblica scrissero che i misteriosi assassini seriali erano delle formiche giganti, cosa che si intuisce solo a metà film.
Torniamo a noi. 
L'esperimento mi è riuscito, ma con grossa fatica: io lavoro dentro internet e ho quasi dovuto imboscarmi. 
Ora, finché non scopriamo che Rey è la nipote di Palpatine, il film scorre che è un piacere. Per carità, siamo sempre di fronte ai due/tre topos narrativi di Lucas, proposti in maniera randomica e distribuiti ad altri protagonisti. Però funziona e diverte e lascia incollati allo schermo.
Dopo la rivelazione, invece, diventa frustrante la consapevolezza di trovarsi di fronte a un giocattolo d'un tratto rotto; tanto che non si accettano più le mille e una cuciture che Abrams dissemina a raffica. È come se la banalità di questa soluzione abbia scoperchiato tutto il resto.
E del resto, nella seconda parte, i tempi narrativi e i cambi di scena si riducono in spazi sempre più stretti; e non per restituire suspance o pathos, ma per cercare di terminare un vestito definitivo che consenta di omaggiare degnamente tutti gli eroi del passato.
Attenzione, l'idea è giusta e sacrosanta, ma viene restituita in forme faticose ed esagerate. Troppi fantasmi, troppe scariche elettriche, troppe sospensioni, troppe citazioni. E poi Palpatine sembra uno zombie in ferie da Games of Thrones, di cui si intravede addirittura un pressoché identico trono.
Mi immagino il giorno in cui Abrams ha letto a tutti la prima stesura della sceneggiatura. 
"Coso, qui manca Han Solo"; "Uh, vero, lo appiccico qui".
"Coso, qua manca Leia"; "Tranqui, la mettiamo qua".
E via immaginando.
Nella sua approssimazione, il Primo (poi Quarto) Star Wars aveva nella sua ingenuità il suo punto di forza. Era una favola che aggiornava gli archetipi delle favole, dei miti, che presentava costanti e continui nonsense dentro i quali, però, era un piacere cullarsi.
Qui siamo di fronte a un'industria della narrazione, dove ogni contraddizione va enfatizzata affinché diventi reale, verosimile e completa.
Il primo Palpatine era una forza oscura e opprimente, forse e anche perché si vedeva poco. Dart Fener incuteva timore, nonostante un costume (diciamolo) ridicolo. Luke stava sulle palle a tutti ma proprio perché Luke eravamo tutti noi. Obi Uan era il giusto Virgilio della Commedia. I due robot deliziosi e ironici.
Qui, invece, vince la prassi e l'esattezza: da quando in qua le favole devono essere esatte!?
In tutto questo, la malignità mi lascia pensare che la Disney voglia definitivamente sotterrare la Saga Lucasiana, partendo invece dal VII Episodio (che poi è identico al IV).
Certo, alla fine è un film divertente, ricco di splendide immagini, di un suono deliziosamente assordante, di una musica evocativa e sempre commovente. 
Ma non è Star Wars del 1977, né può completarlo in alcun modo.

Ah, scusate: attraverso quale collegamento, Rey è la nipote di Palpatine? Figlia della sorella, Palpatina? Oppure del figlio diretto, Palpatinino? Oppure del fratello, Palpatone?

Da qui in giù, un commento in stile "team prostata" (come direbbe Matteo Bordone).
A guardarsi indietro, fa una certa impressione ricordare “come eravamo” nel 1977. 
Era un periodo oscuro per l’Italia, dove i metaforici “sacchi di sabbia” dell’incantevole canzone di Lucio Dalla erano invece palpabili: eravamo in piena austerity, c’era ancora il Muro, il terrorismo e gli scontri di piazza erano all’ordine del giorno; culmineranno un anno dopo con il sanguinoso sequestro - e quindi l’omicidio - di Aldo Moro. 
E poi: finisce l’eterno “a casa dopo Carosello”, visto che proprio nel 1977 la Rai si converte agli spot; e con Calimero, quell’anno spariscono anche numerose feste comandate che scandivano dolcemente la nostra infanzia; ma non finisce qui, visto che i “grandi” decidono anche di anticipare a settembre l’inizio della scuola. 
E quindi: prorompe lo scandalo Lockeed; l’inizio e gli esiti del Processo di Catanzaro radicalizzano nebbie e contraddizioni di un’intera generazione, dove buoni e cattivi si confondono come fossero davanti l’asino della Fattoria degli animali di Orwell; c’era Jimmy Carter, passato dalle noccioline alla Presidenza USA; nasce la tivù a colori (con le maglie dell’Olanda che sciano sugli schermi), anche se faticherà non poco a diventare prassi italica.
Come non dimenticare, infine: Enzo Tortora che esordisce con Portobello; Kappler, cinico computatore delle fascio-naziste Fosse Ardeatine, che scappa dall’Ospedale Celio… dentro una valigia; muoiono Elvis Presley e Maria Callas; non si contano omicidi e ferimenti da parte dei terroristi neri o delle Brigate Rosse. 
Ognuno di noi, di quel periodo - e della prima proiezione italiana di Guerre Stellari (20 ottobre 1977) - ha il suo curriculum emotivo. 
Però ne sono passati di anni, di generazioni: da almeno due lustri, il Mondo come lo conoscevamo noi è totalmente evaporato, sostituito ormai da raffiche di hashtag.
Senza scomodare il “cannibalismo” intrafamigliare intuito ottimamente dall’inarrivabile Pasolini, io credo che il vero motore di una società sia sempre stato un sano e costruttivo conflitto generazionale: bisogna prendere il posto dei genitori, sia con le proprie ali forti, sia facendo anche tesoro dei loro moniti. 
Purtroppo, però, nel “mondo 2.0/3.0/4.0/5G” questo indispensabile conflitto non sussiste più: i genitori (e il tessuto sociale) non sanno per nulla usare e praticare gli strumenti così radicali e innovativi che avvolgono invece i loro figli - e quindi non sanno guidarli o essere da esempio; un po’ come gli Jedi di Guerre Stellari e quell’etica che sapevano dignitosamente rappresentare prima della Guerra dei Cloni. 
Da due lustri, ormai, i genitori e i nonni sono stati sostituiti radicalmente da un qualcosa. 
E questo qualcosa è ancora impalpabile e definitivo e irrefrenabile e inafferrabile e senza confini. 
Come andrà a finire?

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