21 gennaio 2021

CULTURE DIMENTICATE di Harald Haarmann (Bollati Boringhieri)

"Venticinque sentieri smarriti dell’umanità", recita il sottotitolo di questo gustoso saggio di Harald Haarmann.
Ma in realtà è molto di più: il lettore conoscerà culture sconosciute ai più, oppure culture già note ma da un punto di vista totalmente diverso, addirittura imprevedibile. 
Dalle prime avvisaglie dell'homo heidelbergensis - che ha abitato un pianeta meteorologicamente e geofisicamente ben diverso da quello attuale, alla cultura siberiana che produsse l'arte paleolitica - già consapevole del ruolo mistico di alcuni animali.
Dalle origini europee (!) dell'uomo di Clovis - più affine ai nostri baschi che agli amerindi di origine asiatica, ai civilissimi e moderni costruttori di templi in quella che oggi chiamiamo Turchia - che nell'VII millennio a. C. sparirono nel nulla senza motivo alcuno.
Dalle civiltà dell'Anatolia del 5.600 a. C. che costruirono città senza re o governanti - con un'idea comunarda del vivere insieme, alla potenza della civiltà danubiana del IV millennio a. C. - che aveva già elaborato un'idea di parità dei generi che ancora oggi invece fatichiamo a raggiungere.
Che dire, poi, della città sumera Dilmun o della civiltà paleodravidica (che tanto piacerebbe a Calasso)? 
E poi gli ittiti, le mummie bionde (!) di Loulan, la regina egizia Hatshepust, gli sciti, i chachapoyas delle Ande, i camini delle fate della Cappadocia, le torri di Angkor Wat, il Grande Zimbabwe, gli earthworks della foresta pluviale brasiliana. 
Ma anche la corretta lettura delle piramidi di Teotihuacán, del mito delle amazzoni, del regno di Palmira, della stele di Axum (e quindi della Regina di Saba) o dei moai dell'Isola di Pasqua.
Insomma, il lettore più aperto e accogliente cambierà totalmente le lenti dei suoi occhiali storici e antropologici con cui aveva finora seguito le civiltà del passato, anche e solo attraverso i libri scolastici o per sentito dire.
Grandissimi, poi, i capitoli dedicati ai pelasgi e ai cretesi, cui deve moltissimo la nostra concezione di Antica Grecia, più di quanto si possa immaginare.
Per tacere dei nostri etruschi, le cui abilità artistiche, mitologiche e architettoniche sono state masticate a più non posso dagli antichi romani; con tanto di gustoso riscoprire un vocabolario etrusco che ci influenza ancora oggi, e di molto pure.
Insomma, è un libro veramente bello, divertente, affascinante e ben scritto, che credo possa piacere anche ai ragazzi più giovani.

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