In estrema sintesi...
... nel tentativo di riprodurre il carminio, un fabbricante di pigmenti crea fortuitamente il blu di Prussia, che con una serie di fortuite variazioni sul tema diventerà anche l'acido prussico (il cianuro insomma), che per altre fortuite variazioni diventerà un potente veleno usato dai nazisti contro gli ebrei, compresa la famiglia di chi aveva contribuito a fabbricarlo in grande scala.
... la vera o presunta storia di Schwarzschild, lo scienziato e sognatore che comprese per primo la natura dei buchi neri.
... la vita di Grothendieck, matematico che (ri)conosciamo all'ombra di Mochizuchi, insigne quanto complicato studioso giapponese, autore di una formula non ancora del tutto compresa il tutta la sua profondità.
... la sempreverde ascesa all'Olimpo di Heisenberg, la sua devozione a Bohr, il suo conflitto con Schrödinger, che a sua volta combatté contro la sua pallida salute.
Insomma, l'operazione di Benjamín Labatut è - come recita Adelphi stessa - un «meraviglioso intrico di racconti, lasciando scegliere a noi quale filo tirare, e se seguirlo fino alle estreme conseguenze», che però ha in sé un limite: soprattutto nel capitolo dedicato alla fisica quantistica (quasi metà del libro), le ennenumerose matrioske narrative che si agganciano l'un con l'altra, sono scritte con sudamericana disinvoltura, cedendo il campo all'amore per le parole, ma non alla esauriente ed esplicita comprensione/conclusione dell'intreccio.
Ci si perde per strada più di una volta; soprattutto i ritmi e le pause sono incoerenti.
È un libro Adelphi, insomma, ma che nella seconda parte ha il limite del suo essere autoreferenziale.
Non so quanto possa piacere a un esperto di scienze; e, per ignoranza personale, non so immaginare quanto possa attirare chi dalla narrazione scientifica cerca solo l'aneddoto argomentato.
Sicuramente si lascia leggere tutto d'un fiato, ma non riesco proprio a dargli più di un 6.
Nessun commento:
Posta un commento