02 settembre 2021

SWEET GIRL e BECKETT, due modi opposti di nobilitare la violenza

In Sweet Girl, una mamma/moglie muore di cancro perché le cure che potrebbero salvarla vengono bloccate da una serie di corruzioni trasversali. Segue supervendetta del marito accompagnato dalla figlia adolescente.

In Beckett, un colpo di sonno fa finire fuori strada il protagonista, che però nello schianto perde la moglie. Durante l'immediato delirio intravede la vittima di un sequestro. Nel resto della trama dovrà fuggire dai criminali in cerca di riscatto.

Già in altri post avevo fatto cenno a un impalpabile "modello Netflix", ma non in chiave antiamericana (un sentimento che non mi appartiene); semmai in chiave tecnica. Voglio dire che i film della N rossa hanno struttura pressoché identica: lunghezza insostenibile, sceneggiatura intrisa di numerose variabili per mantenere una certa quota di tensione, tensione che non deve mai superare il limite critico della percezione di un ventenne social-izzato, post produzione mai rischiosa e priva di qualche guizzo autorale, caratterizzazione dei personaggi pressoché assente, dialoghi asciutti, recitazione accademica.
Non è un male, per carità; del resto, puntare sempre all'autorato e alla forzata originalità può essere stucchevole se non addirittura ridicolo. Però questo modello esiste e sta viziando sin troppe produzioni.
Ma quello che a me preme sottolineare è un elemento impalpabile e indefinibile: una certa propensione a un'etica di comodo, con una morale veramente a buon mercato.
Nel primo film (attenzione allo SPOILER!), l'assassina vendicatrice la fa franca! Stiamo parlando di una giovanissima che uccide serialmente tutti i protagonisti; con inusitata violenza, pergiunta! Per quanto viziata dallo stress post traumatico, è una violenza oltre i limiti del gratuito!
Nel secondo film, per punirsi del suo aver causato la morte della moglie, il protagonista scarica sugli altri il proprio senso di colpa. La sua violenza è esagerata e spropositata, abusata per emendare i propri peccati.
Non voglio cimentarmi nel dibattito del "cambio dei tempi", perché non mi interessa e non ne sono capace. Quello che mi preme sottolineare è che questo modello etico non dovrebbe diventare prassi.
A parte alcune eccezioni (cfr Il Giustiziere della Notte), "ai miei tempi" le sceneggiature "punivano" certe sbavature o comunque le circoscrivevano dentro rigidi espedienti narrativi. Il "modello Netflix" le sta radicalmente sradicando.

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