Figura ambigua e violenta, Hannibal Lecter è uno dei personaggi più interessanti tra quelli che hanno tormentato i nostri sonni dalla fine degli anni 80.
Sulle sue origini letterarie posso dirvi nulla, visto che raramente leggo questo tipo di romanzi. Sulle sue versioni cinematografiche e televisive, invece, mi trovo a mio agio: oltretutto, l’ho incontrato e inseguito in ordine cronologico.
Quello più noto, interpretato da un gigionissimo/bravissimo Anthony Hopkins, è sicuramente il più strutturato. A questo, aggiungo: la versione di Mads Mikkelsen, che lavora per sottrazione in un’eccellente quanto sottovalutata serie tivù; la sua primissima apparizione cinematografica (poi rifatta da Ridley Scott), dove viene interpretato da un Brian Cox paterno, con il cognome deformato in Lecktor.
Il film s’intitola Manhunter, frammenti di un omicidio (1986), la spigolosa regia è di Michael “Miami Vice” Mann, il profiler è interpretato da William Petersen, che qualche lustro dopo si ripeterà nei panni di Gil Grissom, nella serie CSI (2000-2015).
La bellissima scena finale costringe lo spettatore a restare teso come una corda di violino in pizzo sulla poltrona: accompagnata dall’interludio di sola batteria di In-A-Gadda-Da-Vida (1968) degli Iron Butterfly, grazie a un esemplare montaggio parallelo ci permette di seguire sia i nostri eroi che stanno per risolvere il caso, sia la bella di turno che sta per essere uccisa; in perfetta sincronia con il ritorno del riff del brano, esplode quindi in un insieme di vetri infranti e suoni e colori e spari, per un lieto fine che avrà la canonica coda aperta a nuovi film.
È un brano leggendario che chi ha qualche capello bianco ricorda anche come sigla di RAI Supersonic (qui un assaggio). Della formazione originale del gruppo era rimasto giusto il cantante e tastierista, Doug Ingle: purtroppo è morto il 24 maggio scorso
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