29 aprile 2025

dopo ADOLESCENCE

Desgarremos la vida / que pasa palpitando

y levantemos juntos / nuestro vuelo salvaje

Questi straordinari versi di Pablo Neruda descrivono esattamente cosa penso della gioventù; in assoluto, intendo, senza ragionare su alcun contesto. E per quanto sia una visione romantica e impossibile, mi piacerebbe sia considerata ancora condivisibile da chi giovane è stato e da chi giovane sarà.
L’essere giovani dura un attimo. È la tappa più breve della vita, perché va vissuta (viene vissuta) con slancio e incoscienza e voglia di divorare tutto, a volte senza gustarlo. Essere giovani è abbagliare il mondo, quasi bruciarlo, ma anche apprezzarlo meglio dei “grandi”, proteggerlo, difenderlo, farne parte sin dentro la profondità della sua carne.
Io ho sempre davanti agli occhi quel bellissimo correre sulla spiaggia di Antoine Doinel, con lo sguardo spaventato, stupefatto, incredulo, curioso, forse anche felice: c’è l’essenza delle battaglie interiori di un giovane, quelle che non riescono a spiegare e a comunicare neanche a loro stessi.
Dagli anni ‘50, le generazioni dei padri giudicano quelle dei figli perseguendo due preconcetti limitanti e opposti: il primo è essere indulgenti qualsiasi impreparazione dimostrino; il secondo è schiacciarli dentro questa impreparazione.
Ora, io non vorrei scomodare geni assoluti come Mozart e Bach, che, giovanissimi, avevano già composto opere assolute; però è dimostrato e dimostrabile che tra i 20 e i 30 anni si è al massimo delle capacità cognitive e creative. Il modello scolastico e quello sociale dovrebbero aiutare la famiglia a enfatizzare questa irruenza, anche accompagnando poi i giovani dentro il rigore e gli obblighi del crescere, del maturare, del sapersi comportare nel vivere sociale (senza privarsi dell’io, per carità).
Ho appena finito di vedere Adolescence (2025), e ancora non riesco a trovare in me le domande che vorrei fare.

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