Ne Il Gattopardo c'è una brevissima scena in cui Burt Lancaster apre un cassetto, si concentra fissando il vuoto, poi chiude il cassetto e prende una decisione.
Ebbene, dentro quel cassetto Visconti aveva disposto in maniera ordinata la biancheria intima del Principe di Salina, con tanto di iniziali ricamate a mano.
Nessuno se ne sarebbe mai accorto, neanche lo spettatore più accurato; eppure era necessario.
Anche (e soprattutto) in Psycho, Alfred Hitchcock puntava sull'intreccio della trama, senza dare adito o spazio a qualsiasi distrazione; eppure, era così raffinato e sofisticato da dedicarsi scrupolosamente anche alle quinte delle sue inquadrature. Un quadro, una statuetta, una citazione dotta, un omaggio: in ognuna delle sue inquadrature c'è anche "altro". Lo spettatore non se ne accorge, preso com'è dall'intreccio; eppure è necessario.
E necessario è questo splendido racconto di Guido Vitiello edito da Adelphi. Scrivo "racconto" anche se in realtà è un "saggio": ma per noi italici la parola "saggio" denota peso e eccesso di sapienza, mentre invece il racconto di Vitiello è leggero e dotto, privo di ogni forma di supponenza.
Attenzione, il suo essere "leggero" non significa essere superficiale; tutt'altro: Vitiello dona sapore alle parole, ci tiene per mano senza obbligarci dentro chissà quale interpretazione oscura, ci ascolta mentre leggiamo e ci risponde con grazia.
Vitiello, insomma, persegue quel tipo di critica che dovrebbe essere prassi, ma che invece è rara, molto rara: la critica che racconta l'esistente e lo sviscera con rispetto e cura fino a dove lo portano conoscenza... e immaginazione.
È un libro che fa a gara con le immagini, con l'arte figurativa e con quella cinematografica. È un'eccellente sorpresa editoriale che ho una certa difficoltà a riporre nello scaffale dei saggi appena conclusi: credo che gli darò un'altra letta.
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