Ti guardi indietro, anche e solo per pochi giorni, e ti rendi conto che buona parte dei tuoi comportamenti avevano previsto tutto. Sicuramente è presunzione oppure autoconservazione; però i dettagli dei tuoi gesti si muovono tutti verso il Giorno X.
Non sopporto le sportine di cotone e metto sempre tutto l'occorrente dentro uno zaino; basta e avanza. Ma pochissimi giorni prima della crisi, Radio3 mi aveva commissionato una puntata di Wikiradio che andrà in onda a settembre: saccheggiando la mia biblioteca per poterla studiare in ufficio, ho caricato una dozzina di testi dentro una sportina di cotone.
Sportina di cotone che avevo ricevuto in omaggio da PrixItalia, la cui ultima edizione mi aveva visto tra i giurati; ma per pura coincidenza, visto che non avevo mai partecipato alle edizioni precedenti.
Appena arrivato in ufficio, ho subito messo tutti i libri in un piano, seguendo un criterio mai usato prima - e poi ho buttato la sportina dentro un cassetto. Oltretutto i tempi di consegna sono laschi, ma sentivo di dovermi sbrigare - e ho divorato, compulsato e citato quei testi in pochissimo tempo.
E dire che generalmente impiego il doppio per mettere in bozza le mie idee. Stavolta ho corso, almeno secondo i miei tempi.
Poi ho riportato a casa i miei testi ormai consumati, un pezzo per volta però, lasciando quella sportina dentro il cassetto. Potevo usarla, ma qualcosa mi ha suggerito di lasciarla lì.
E quando lunedì scorso il mio funzionario mi ha telefonato per dirmi che la Rai avrebbe chiuso Teulada entro mezzanotte, ho capito perché mi serviva la sportina: per caricarci dentro tutto il necessario per questo smartworking che mi vedrà chiuso in casa fino al 3 aprile.
Anche il portatile aziendale: lo usavo raramente, ormai. Tanto che durante un follow up volevo restituirlo alla mia area. Eppure qualcosa mi ha suggerito di attendere l'estate, perché quel portatile poteva tornarmi utile entro breve tempo.
Una settimana prima della crisi, ho chiesto la mia solita lista trimestrale di ricette al medico, aggiungendo le medicine anti-allergia che in genere chiedo a metà marzo. Qualcosa mi aveva detto di aggiungerle subito; ma soprattutto il medico me le ha fatte trovare entro breve tempo, almeno cinque giorni prima i suoi tempi abituali.
Studio quasi ottanta periodici online ogni giorno e li tengo ben catalogati tra i preferiti del mio chrome aziendale. Ma non li avevo mai sincronizzati col mio account Google, per pigrizia e perché credo sempre di aver una memoria da diciottenne.
Diventerebbe quindi altamentissimamente probabile il rischio di non ritrovarmeli nel portatile o nel pc casalingo.
A fine Gennaio, per pura stizza nei miei confronti, ho emigrato tutti i preferiti. Quel gesto mi ha evitato dal dover ricostruirli uno a uno, perdendo almeno una giornata.
Nel mio desktop aziendale tengo tutto il mio archivio professionale, che poi emigro due volte l'anno su un drive portatile. Due giorni prima l'inizio di Codogno, ho spostato addirittura l'ultimo anno di lavoro ma nel mio cloud. Ero fuori dalle mie abitudini, eppure l'ho fatto.
Coincidenze, eventi fortuiti che ritornano in mente - magari deformati dalla suggestione del momento, dimenticando tutti gli altri.
Storie e finzioni che si incontrano senza pietà, come quando stavo da mia madre prima di lasciarla fino al 3 aprile, e per un centesimo di secondo ho vissuto mentalmente una scena drammatica che racconto in un mio romanzo pubblicato 10 anni fa; scena che si concludeva con la temporanea scomparsa di mia moglie. Ho congedato mia madre in fretta e furia per poi correre verso casa, temendo si avverasse un evento così improbabile. Per fortuna mia moglie stava lì in salotto, coi suoi occhioni verdi e quell'eterno sorriso pieno di luce.
Vi lascio con la scena finale dal "Paradiso può attendere", la versione di/con Warren Beatty.
I due personaggi che interpreta usano una frase ricorrente, una sorta di codice, che consentirà a Julie Christie di ricongiungersi inconsapevolmente con il suo caro: "non c'è niente di cui aver paura".
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