21 aprile 2020

Coronavirus, l'Innominata

Pioveva. Ma pioveva di brutto.
Del resto Roma è tra le città più piovose d'Europa, addirittura prima di Londra. La nostra è una pioggia cafona, grossolana, pesante e dirompente; quella di Londra, invece, è come i loro volti cavallini, vaporosa e fighetta.
Insomma, pioveva che avresti dovuto tarare il tergicristallo ben oltre il limite massimo previsto. 
Chi è di Testaccio sa perfettamente che è mille volte meglio percorrere via Vespucci invece del Lungotevere; anche ad agosto, quando ci sono pochissime auto, risparmi almeno cinque minuti di tempo, se non addirittura dieci, quando cioè il traffico è pesante.
Certo, corri il rischio di trovarti una botticella davanti o la solita mammetta accompagna-figli-che-va-lenta-e-se-ne-frega-del-mondo; ma sono rischi calcolati.
Fatto sta che il semaforo di via Vespucci è ben che pericoloso: pedoni che attraversano col rosso e che vedi all'ultimo momento, amministratori delegati del verduraio che posso passare col rosso da via Marmorata, poliziotti e autisti Atac che possono tagliarti la strada perché dal lungotevere decidono di tagliare verso Ponte Sublicio.
Pioveva. Pioveva di brutto.
E quando piove, al centro dell'incrocio si forma un immenso pozzangherone, che se ci peschi dentro ritrovi il rasoio e i preservativi di Romolo.
Il semaforo è rosso. 
Ripasso con la mente tutti i rischi, dicendomi che con questa pioggia figurati se qualcuno si azzarda a fare manovre improvvise. Tant'è che i pedoni stavano fermi sotto i cornicioni, da via Marmorata era una gara a chi si fermava prima del pozzangherone, dal lungotevere addirittura evitavano di guadare quel pozzangherone. 
Mi mancava la sola parte che non vi ho elencato: quelli che vengono da Ponte Sublic... mortacci sua! Un deficiente con una Ritimo anteguerra passa a palla col rosso pieno e mi sfiora così da vicino che partono i suoni dell'allarme di prossimità, quello che ti aiuta per i parcheggi (o per uccidere pedoni stupidi, a scelta). Insomma, avevo rischiato brutto. Così brutto che il tipo dietro a me mi fece un cenno tipo "hai avuto culo, eh?".
Ma perché avevo rischiato così tanto?
Perché poco prima avevo incontrato l'Innominata! 
Ora: io sono totalmente opposto al "non è vero ma ci credo", perché trovo addirittura intollerabile una cedevolezza simile; mi urta il sistema nervoso. La sfiga non esiste, la sfortuna nemmeno, la superstizione è la debolezza degli ultimi.
Però: ogni volta che incontro l'Innominata, mi accade sempre qualcosa di brutto. Sempre. 
Oltretutto, quel giorno mi aveva salutato con un bel: "io non capisco chi non crede in dio: prima o poi gli capiterà qualcosa e allora crederà in dio".
In effetti si alimenta di queste piccolezze: la vedi sempre lì col suo vocione a parlar male di tutti, di tutto, a lamentarsi, a cercare approvazione anche e solo con lo sguardo.
Onestamente mi fa una tenerezza infinita, anche se stento ad immaginare che una volta, qualche cretaceo fa, sia stata una giovane, magari piena di aspettative e speranze.
È il ritratto di Dorian Gray di se stessa: lisa di rancori e giudizi, nasconde sicuramente da qualche parte anche una certa dolcezza... che poi il volto le si illumina giusto quando parla del figlio (che - diciamolo - non è proprio uno stinco di santo).
Però, e alla fine, fa parte dell'ecosistema di Testaccio. 
Anzi, sotto molti aspetti preferisco questo suo modo semplice, esplicito e diretto di odiare il Pianeta, piuttosto che quelli che entrano da Linari con il Foglio o Internazionale sotto braccio, e hanno parcheggiato in doppia fila davanti al posto riservato ai disabili.
Testaccio è anche l'Innominata... sperando sempre di non incontrarla, s'intende.
Chissà come starà passando questa quarantena.

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