30 aprile 2020

beejoux

Accanto a Cesare, qui nel Nuovo Mercato di Testaccio, c'è un omone nato calvo. 
Sì, non c'è altra spiegazione: a lui i capelli li hanno strappati via appena nato; sta così bene come sta adesso, che quasi si stenta a credere che sia stato giovane.
Come tutti i calvi di antica stirpe, non saprei che anni possa mai avere, anche se, calcolando gusti e riferimenti, credo che stia dalle parti della mia sorella maggiore, nata nel '60.
È sempre, dico sempre!, sorridente; con quel faccione che si illumina appena ti riconosce (o fa finta di riconoscerti: così prevengo il vostro cinismo). Ma anche se fosse un sorriso da negoziante, sa farti sentire subito a tuo agio. 
E nonostante il suo negozio sia un buco con la vivibilità di una custodia per smartphone, non mette mai pressione alcuna ai clienti. Puoi girare per ore, smanazzando ogni cosa, e lui sta per fatti suoi, ritoccando quella borsa o riaggiustando le buste nella portina che dà sul retro (un retro che è più piccolo di questo blog, intendiamoci).
L'insegna del suo negozio mette insieme la traduzione inglese di ape (bee) con la parola "bijoux". Devo dire che sarebbe cosa infelice se venisse da qualsiasi altra persona; ma da lui la accetti.
Quando prende in mano una delle sue nuove borse, sembra ti stia porgendo l'originale della Maschera di Agamennone o il Kohinoor. E quando accarezza la loro pelle sembra stia facendo sesso con la donna più sensuale di tutta Roma.
A me dà sempre l'impressione di essere un avventuriero con un bagaglio di esperienze grosso così, che si è dato alla pelletteria per scelta etica, come se in passato fosse stato un soldato della Legione Straniera o un esploratore che ha dovuto uccidere animali e uomini per tornare sano a casa.
Inutile dire che è un passaggio obbligato quando Silvia ed io passiamo da quelle parti, quasi un rito cui non possiamo rinunciare.
Chissà come sta passando questa quarantena.

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