27 maggio 2020

il languore e la passione di GIANNI MINÀ, Storia di un boxeur latino

Ma quanto è bella questa autobiografia di Gianni Minà.
Sono pillole di memoria distillate in brevissimi capitoli di due/tre pagine l'uno, che corrono lungo l'arco di una vita vissuta pienamente e con raro senso della passione, della ricerca.
All'inizio, al lettore distratto potrebbe sembrare un elenco di vanità; e, invece, siamo di fronte a un movimento rotatorio degli occhi che insegue sensazioni che raccolgono sorrisi e piaceri e cose semplici o esperienze fulminanti o luci flebili o rumori violenti. 

È un continuo susseguirsi di Storia e storie, in cui ci si perde con voluttà e dolcezza, vivendo, insieme a questo antieroe della televisione, alcuni dei momenti più belli del secondo Novecento, quando ancora la Macchina non aveva sostituito l'Entusiasmo.
Ho scritto "antieroe" perché Minà è piccolo, tondo, con un difetto di pronuncia che non l'ha mai fermato, con una voce che sembra provenire dai meandri di una cantina dimenticata, cui non daresti un euro di coraggio, ma che invece ha solcato mille tra cieli e mari pur di guardare oltre la facciata delle dittature o delle sofferenze umane.
Ogni persona è unica, e non c'è niente di più unico che essere raccontati da Gianni Minà: diventi mito, mito umano quindi credibile, mito irripetibile quindi da leggere, mito fragile e però mito; perché quando incontri Castro o Mennea o Alì o De Niro, cosa puoi fare se non sorridere e fare quella domanda che non verrebbe in mente a nessun giornalista ma che in realtà pende dalla bocca del lettore sconosciuto?
Minà è uno di noi, ma più colto, più vivo e più coraggioso. E non c'è giorno che chi ha seguito i suoi lavori non lo rimpianga, dentro questa Rai così plastificata e dedita solo alla sopravvivenza dei suo miti, che mito è stata solo grazie a professionisti come Minà.
È bella questa autobiografia e ve la consiglio vivamente.

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