Patrick Leigh Fermor è stato una leggenda per tanti di quei motivi che a raccontarli tutti non basterebbe una giornata. Esploratore, scrittore, eroe della Seconda Guerra Mondiale, intellettuale, avventuriero... insomma, quel tipo di uomo che tutti vorremmo essere dall'alto della nostra pancetta di mezza età.
Per quei miracoli che solo l'editoria sa restituire, Adelphi ha pubblicato tutte le sue opere, ma anche qualcosa in più: Tempo di regali e Fra i boschi e l'acqua, prima e seconda parte del suo splendido viaggio (a piedi!) dai Paesi Bassi fino a Costantinopoli; La strada interrotta, ideale quanto postuma conclusione di quel dittico, collazionata dai suoi esecutori letterari; Brutti incontri al chiaro di Luna (a nome di Stanley Moss, però), in cui si parla del noto rapimento del Generale nazista Kreipe, cui partecipò sia l'autore che il nostro Fermor, e di cui gli appassionati ricordano anche la versione cinematografica Colpo di mano a Creta, di Michael Powell e Emeric Pressburger, con Dirk Bogarde.
Ma c'è un altro titolo che Adelphi ha pubblicato e che esce da questo ipotetico fil rouge: Mani - Viaggi nel Peloponneso.
Il Mani è l'ultima propaggine del Peloponneso e prende il nome dal Castello del Mani, in francese le Magne, costruito nel 1248 da Guglielmo II da Villehardouin per difendere parte del suo dominio.
Fermor ci accompagna nella sua saporita esplorazione quotidiana parlando di arte, cultura, usanze, geografia, Storia, persone, aneddoti, superstizioni, religioni... con una rara eloquenza seduttiva, con toni garbati e sempre empatici, con il senso della meraviglia e della condivisione.
È un libro denso e morbido, dove ci si sorprende più volte a tornare indietro per rileggere quel passaggio o quella descrizione.
L'autore quasi scompare, ma non scompare la sua passione per il racconto, per quelle piccole cose che spesso trascuriamo quando viaggiamo, per assorbire tutto quello che vede, che sente, che respira, per poi restituirlo amabilmente al lettore.
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