07 ottobre 2020

Jump!

La leggerezza, Eddie van Halen era leggero, leggerissimo.
I suoi assolo erano sempre all'insegna del divertimento, del sorriso. Per lui suonare era letteralmente "to play": giocare, insomma.
Non sapeva leggere le note, ma non ce n'era bisogno: in realtà, erano le note ad avere soggezione della sua arte.
La sua chitarra - letteralmente, visto che l'aveva costruita lui - era il contrario della perfezione, ma non ce n'era bisogno: in realtà, qualsiasi liutaio spenderebbe una fortuna per costruire uno strumento così agile.
Le sue composizioni uscivano ed entravano continuamente dai canoni della sperimentazione per poi adagiarsi nell'ovvietà. Era commerciale al punto giusto, ma senza puntare all'ammiccamento.
E, ammettiamolo, quelli che in pubblico sminuivano la sua musica, in privato se la gustavano come matti.
Giocava con se stesso e con il pubblico, camminandoci insieme ad ogni concerto e perculandolo quel che bastava per rendere la sua irriverenza un esempio di amicizia spensierata.
Certo, aveva problemi con l'alcool, fumava come un turco e in studio era perfezionista ma anche irregolare. La sua canzone più famosa (Jump!) è anche quella meno rappresentativa, anche se - non dimentichiamolo - prima di comporla era passato per lo studio di Michael Jackson a sparare quell'assolo di Beat It, che ancora oggi nessuno riesce ad eseguire con le stesse discordanze.
Il suo tapping era innovativo, proprio perché poco tecnico, sempre alla ricerca della risata, del gioco, del "vediamo quanto sono cazzone". Per carità, assassini come John Petrucci lo praticano meglio, con il triplo della velocità... ma vuoi mettere Eddie!?
Gli anni '80 vengono sempre rappresentati come futili e senza profondità, da chi li ha vissuti, da chi li ha superati, da chi non li viveva ancora. Eppure, senza Eddie van Halen sarebbero stati anche stupidi, perché Eddie era anche intelligente; per essere leggeri bisogna essere molto intelligenti.
Da oggi, sorrideremo di meno, molto di meno.

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