In mezzo allo Spazio, i tre dell'equipaggio HARP con destinazione Marte devono fare i conti con l'inaspettata presenza di un tecnico, svenuto a bordo a sua insaputa: significa maggior peso, uno stomaco in più, maggior anidride carbonica da smaltire, minor ossigeno a disposizione.
Più che una questione di sopravvivenza, è una lotta disperata tra etica e senso di responsabilità di ognuno dei quattro - ciascuno nel suo ambito, dove anche la scelta più leggera può diventare motivo di dibattito (o di sospiro rassegnato).
Finale un po' prevedibile, ma nell'insieme è un film che si fa vedere.
La trama ricalca molto da vicino Le fredde equazioni di Tom Godwin, racconto uscito nel 1954 in cui la clandestina è una donna, consapevole però della sua infrazione.
L'inquietudine che sottende il titolo italiano è sicuramente più efficace di quello originale, Stowaway - clandestino, che invece rovina la sorpresa, svelando di fatto la specie con cui si avrà a che fare: umana, umanissima.
E di inquietudine parliamo almeno finché non viene svelato chi è l'estraneo. Il pathos c'è e funziona, le citazioni non mancano ma sono eleganti, fino a quel momento l'equipaggio è simpatico (ma non troppo).
Il politically correct si fa sentire pochissimo: comandante donna, medico ragazza, scienziato coreano. Stranamente, il clandestino è nero, ma le legittime rivendicazioni del blacklivesmatter non si fanno sentire perché non è responsabile dell'infrazione: è rimasto intrappolato suo malgrado.
Il politically correct si fa sentire pochissimo: comandante donna, medico ragazza, scienziato coreano. Stranamente, il clandestino è nero, ma le legittime rivendicazioni del blacklivesmatter non si fanno sentire perché non è responsabile dell'infrazione: è rimasto intrappolato suo malgrado.
Certo, però, è un film inutilmente lento. La sceneggiatura viaggia sempre alla stessa velocità. Sarebbe stato sensato descrivere l'"indifferenza" delle macchine mantenendo quelle belle inquadrature transitorie (ci sono Kubrick e Scott che sorridono), quei lentissimi zoom out, quelle panoramiche circolari; mentre, invece, la foga degli uomini (che rischiano la morte ogni pié sospinto), andava raccontata con tempi più serrati.
Anche la musica non aiuta, perdendosi dentro un freddo autocompiacimento che nulla a che vedere con la trama.
Buona la fotografia, anche se pastosa e tutt'altro che differenziata tra il dentro e il fuori l'astronave.
Al netto che è un film che usa la Fantascienza come pretesto, sulle leggi di Fisica che sembrano così fluide e valide, ho qualche dubbio. Purtroppo non ricordo più nulla dei miei trascorsi liceali, ma mi sembra strano che il cilindro di ossigeno d'emergenza possa girare in sincrono con l'astronauta che lo tiene con una corda, a sua volta in sincrono con quello strano sistema di propulsione. Anzi, se qualcuno di voi ci capisce qualcosa, mi scriva per favore.
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