«Gli Who sono tre musicisti più un cantante». Sotto molti aspetti, questa acidità di Pete Townshend era condivisa anche da noi appassionati. Almeno finché non è uscita questa divertente autobiografia.
Roger Daltrey, infatti, scrive pagine godibili, ricche di aneddoti e con una nitida attenzione al contesto storico e alla sensibilità dei musicisti incontrati. Un libro che si beve con gusto e che a volte induce alla rilettura, per godere appieno certi passaggi nodali.
È anche un modo per inquadrare da una prospettiva diversa l'antica autobiografia del chitarrista degli Who (2013), più corposa, musicalmente più dettagliata, ricca anche di ragionamenti sui massimi sistemi, con una interessante propensione al contorcinamento intellettuale, alla meticolosa analisi, ai dubbi senza uscite.
Il confronto, insomma, è inevitabile; anche perché, mentre Townshend porta sulle spalle il macigno delle sue contraddizioni, Daltrey non si prende mai sul serio, ha un senso pratico per le cose della vita, un sense of humor più soffuso, una tendenza alla gratitudine, una percepibile onestà intellettuale.
Come spesso capita per libri come questo, l'operazione nostalgia è sempre in agguato. Però, è solo grazie a queste autobiografie che possiamo capire veramente cosa abbiamo ascoltato in gioventù e quanto sia stato importante viverla al momento giusto.
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