13 ottobre 2021

WAR OF THE WORLDS (2019)

C'è qualcosa di speciale in questa serie televisiva anglofrancese, qualcosa che forse riguarda più l'infanzia di noi boomer che quella dei ragazzi di oggi. Per carità, non è una frasetta antigenerazionale: è che nelle serie attuali manca totalmente l'understatement, il non detto, l'allusione; mentre, invece, in questo piccolo gioiello sono proprio queste chiavi che ne fanno assaporare la trama, l'andamento quasi ipnotico, la quasi lentezza (che la fa sembrare in "tempo reale").
Sembra di stare dalle parti dei Sopravvissuti o dei tempi narrativi oziosi di UFO o dentro certi ambiti tipicamente ottocenteschi e british del romanzo originario. Se leggete il libro, provate a non sorridere quando una delle astronavi si schianta su un prato durante l'ora del tè: la flemmatica reazione del britannico testimone è tutta un programma.
È vero anche che il discettare sulle differenze tra libro e film tratto da questo libro sia un gioco inutile e quasi dannoso. Secondo me, il nesso tra libro e film dovrebbe essere più un restituirne un sapore che proporre una narrazione filologica, quasi esatta. La sintassi letteraria e quella filmica sono due universi totalmente diversi. Del resto, per fare un esempio estremo, il film Paziente inglese si ispirava vagamente a solo una ventina di pagine del corposo romanzo omonimo, che invece si soffermava su ben altro.
Insomma, questo War of the Worlds restituisce alcuni aspetti del mood di H. G. Wells, ma soprattutto ha il gran pregio di non far vedere nulla: gli alieni non ci sono, ma la paura e l'angoscia che generano sì. 
La Morte è costantemente presente, sorniona quanto asettica. La Natura non è neanche spettatrice: si fa i fatti suoi e nulla più (del resto, il bosco francese non fa paura).
L'unica aliena veramente presente e costante è la musica, anzi i suoni. Sembrano lavori tipo Tangerine Dream o Popol Vuh. Suoni eccellenti e puntuali, che appena possono lasciano spazio al silenzio o ai rumori, senza generare suspense a buon mercato, ma mantenendo costante angoscia e partecipazione.
E i protagonisti si appigliano disperatamente al sopravvivere, senza perdersi, senza cedere alla rassegnazione della fine, con fragile dignità, credibile e tutt'altro che filmica.
C'è forse un reiterato indugiare sui drammi dei singoli - che di fatto sono un secondo livello narrativo. Ma è anche vero che se un disastro del genere dovesse accadere, sicuramente anche noi indugeremmo su tali comportamenti. 
Paradossale, poi, il fatto che l'unica a vedere qualcosa sia la londinese cieca. Ma qui mi fermo per evitare spoiler.
Non è un capolavoro assoluto, per carità, ma è una serie che merita di essere vista, almeno la prima stagione, possibilmente in originale. 

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